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Bibliografia:

  • Collezione di atti e sessioni del general parlamento di Sicilia colle leggi e decreti sancite dalle camere legislative , 1848,1849

  • Memorie istoriche per servire alla storia della rivoluzione siciliana del 1848,1849, Carlo Filangieri (Principe di Satriano), 1853

  • L'uomo a sé, alla società, a Dio lezioni di filosofia morale composte per corso elementare dal sac. Ciro Marzullo Volume 2, Editore:Tip. di M. Amenta, 1857

  • Mémoires historiques pour servir à l'histoire de la Révolution sicilienne en 1848 & 1849, Carlo Filangieri (Principe di Satriano), traduit de l'italien, Editore:Imp. de J. As, 1859

  • La bandiera italiana monitore del popolo, Rivista, 1860

  • Calendario Generale del Regno d'Italia , Anno Primo , Ministero dell'Interno – 1862

  • Annuario della Istruzione Pubblica per l'Anno Scolastico 1862,63 , Circolare Ministero dell'Interno 1862

  • Agli onesti, Giambattista Picone, Editore:Tip. di F. Barravecchia, 1864

  • Annuario della Istruzione Pubblica per l'Anno Scolastico 1864/65 , Circolare Ministero dell'Interno 1864

  • Annuario Statistico del regno d'Italia per l'anno 1865, Editore: Angelo dell' Acqua, 1865

  • Annuario della Istruzione Pubblica per l'Anno Scolastico 1865/66 , Circolare Ministero dell'Interno 1866

  • Il Palmaverde, Calendario Storico,Amministrativo del regno d'Italia del 1866, Torino, Tipografia del Palmaverde di Caldo e Pellino, 1866

  • L'Agricoltore Meridionale. Principii generali di agricoltura per le regioni calde con applicazioni alla provincia di Girgenti, Giuseppe Antonio OTTAVI, Tipografia di E. Maffei, 1866

  • Atti ufficiali , L'Esposizione universale del 1867 a Parigi

  • L'educatore italiano giornale dell'Istituto di mutuo soccorso fra gl'istruttori ed educatori d'Italia, Editore:Giuseppe Civelli, 1868

  • Statuto organico fondamentale e regolamento interno dell'Istituto Filotecnico Nazionale italiano, Regia Tipografia, 1868

  • Statuto organico fondamentale e regolamento interno dell'Istituto Filotecnico Nazionale italiano, Regia Tipografia, 1868

  • Elenco alfabetico dei decorati dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro negli anni 1870,71,72, Stamperia Reale, 1870

  • Calendario Generale del Regno d'Italia , Anno Primo , Ministero dell'Interno – 1871,

  • Bollettino Ufficiale , Bollettino Ufficiale del Comitato Centrale , 1871

  • Calendario Generale del Regno d'Italia , Anno Primo , Ministero dell'Interno – 1872

  • Calendario Generale del Regno d'Italia , Anno Primo , Ministero dell'Interno , 1873

  • Raccolta Atti Stamapati , 1875

  • Gazzetta ufficiale del Regno d'Italia, Parte 4, 1875

  • Stato del personale addetto alla pubblica istruzione del Regno d'Italia, 1875

  • RIVISTA, Ingolstädter Zeitung Nr 36, pag. 4, 4 settembre 1876 

  • RIVISTA,“Der” freimüthige Beobachter , Nr 14 , pag. 6, 19 agosto 1876          

  • RIVISTA           Kriminalistische Blätter , Nr 19 , pag 3, 22 agosto 1876

  • RIVISTA           Allgemeine Zeitung München, 23 agosto 1876 

  • Manuale del funzionario di sicurezza pubblica e di polizia giudiziaria raccolta periodica, Editore: Luigi di Giacomo Pirola, 1877

  • RIVISTA           Augsburger neueste Nachrichten , Nr. 132 , pag. 3, 15 dicembre 1878   

  • La circoscrizione territoriale di Cianciana e dei comuni finitimi, storia ed osservazioni, Gaetano di Giovanni, Editore:S. Montes, 1878

  • Profili e fotografie per collezione, Giuseppe Di Menza e Vella, Tip. del Giornale di Sicilia, 1878

  • Pour la peine de mort, Félix,Titus Courtat, Editore: H. Delaroque, 1879

  • I masnadieri giulianesi ultimo avanzo del brigantaggio in Sicilia, Giuseppe Di Menza e Vella, Tip. del Giornale di Sicilia, 1879

  • Bollettino ufficiale del Ministero dell'educazione nazionale, Volume 7, 1881

  • Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana, Parte prima, 1882

  • Calendario generale del Regno d'Italia, Volume 22, 1884

  • Bollettino delle pubblicazioni italiane ricevute per diritto di stampa Nr. 15 , Pag. 5, Editore: Le Monnier, 1886

  • Raccolta ufficiale delle leggi e dei decreti della Repubblica Italiana, 1889

  • Gazzetta Ufficiale, 8 maggio 1889       

  • Storia della città di Sciacca e dei comuni della Contrada saccense fra il Belice e il Platani. Scaturro, Ignazio Editore: G. Majo, Napoli, 1924

  • Alberto Scaturro, Sciacca nel 1860, in Kronion, n.1,2 (gennaio,aprile 1960) anno XII

  • SCIACCA , NOTIZIE STORICHE E DOCUMENTI , Ciaccio Mario, Edizioni Storiche Saccensi, , 1988

  • SCIACCA TERME di SALVATORE CANTONE , GUIDA TURISTICA 1988

  • Storia di un Comune Italiano Sciacca, Salvatore Sanfilippo, Melqart Communication

Calogero Amato Vetrano

Calogero Amato Vetrano nacque a Sciacca il 23 gennaio 1819 e morì il 15 giugno 1886. Uomo di vasta cultura e lungimiranza, fu chimico e agronomo di grande rilievo, oltre che patriota, filantropo e figura chiave del Risorgimento siciliano. Il suo impegno fu profondamente radicato nella volontà di modernizzare l’agricoltura e promuovere il progresso culturale e sociale della sua terra.

La Visione e il Testamento del 1875

Il 23 gennaio 1875, Calogero Amato Vetrano redasse il suo testamento, destinando i suoi beni alla Fondazione di un Istituto Agrario da realizzarsi nel fondo Marchesa in contrada Mendolito. L’erede universale usufruttuaria fu indicata nella moglie Ignazia De Stefani, mentre l’erede universale patrimoniale fu lo stesso Istituto Agrario, che sarebbe sorto come luogo di istruzione e tutela del patrimonio agricolo. L’Istituto avrebbe dovuto essere amministrato dalle prime autorità comunali, politiche e giudiziarie di Sciacca, con la presidenza affidata all’autorità di grado più alto. Nel testamento si legge che i beni destinati all’Istituto fossero composti dai seguenti fondi: Salme cinquantaquattro dell’ex feudo "Forficicchia"; Salme venti dell’ex feudo "Verdura"; Salme sedici del fondo Marchesa in contrada Mendolito; Una casa di abitazione in corso Tommaso Fazello a Sciacca. Amato Vetrano disponeva che i prodotti di questi terreni e il ricavato fossero interamente assegnati all’Istituto per garantirne il sostentamento e che i campi diventassero luoghi di istruzione pratica per i giovani apprendisti. Tuttavia, consapevole delle condizioni malsane delle paludi limitrofe, successivamente bonificate, dispose che, durante l’estate, gli studenti soggiornassero nella casa di Sciacca, dove l’aria era più salubre

La Carriera Politica

Il Cavaliere Calogero Amato Vetrano rappresenta una delle figure politiche più significative della Sicilia ottocentesca, caratterizzandosi per la sua dedizione tanto nel contesto borbonico quanto nelle tumultuose fasi rivoluzionarie che portarono all'unità d'Italia. La sua brillante carriera politica ebbe inizio già in giovane età, quando a soli 29 anni fu nominato membro della prestigiosa Camera dei Pari del Regno delle Due Sicilie, sottolineando il rispetto e la stima di cui godeva anche presso il governo borbonico. Durante i fermenti rivoluzionari che accompagnarono lo sbarco dei Mille di Giuseppe Garibaldi, la stima dei suoi concittadini saccensi lo portò a essere nominato Capo del Comitato Rivoluzionario di Sciacca, un ruolo straordinariamente simbolico in una fase cruciale per il destino dell’isola. La leadership politica e morale dimostrata in questa occasione lo consacrò come una figura di riferimento, capace di guidare la comunità in un momento di cambiamento storico. Con la caduta del Regno Borbonico e l’instaurazione del Regno d’Italia, Amato Vetrano continuò a distinguersi per il suo impegno politico, ma anche a confrontarsi con la crescente ascesa politica di Saverio Friscia, che divenne uno dei suoi principali avversari. Partecipò a diverse elezioni nazionali, tra cui quelle del 24 gennaio 1864, del 22 ottobre 1865 e del 10 marzo 1867, senza mai riuscire a ottenere un seggio in Parlamento, superato ogni volta da Friscia, che fu eletto deputato nazionale. Nonostante queste sconfitte, Amato Vetrano proseguì la sua carriera politica con grande impegno a livello locale e provinciale. Ricoprì la carica di Vice Presidente della Provincia di Agrigento proprio in quegli anni e in quelli successivi, contribuendo in maniera determinante alla gestione amministrativa e allo sviluppo del territorio. Fu anche attivamente coinvolto nella politica comunale di Sciacca, ricoprendo il ruolo di Sindaco e successivamente di Consigliere Comunale e Assessore, guidando importanti iniziative per la crescita della città. ​ Il Cavaliere Calogero Amato Vetrano rappresenta una figura simbolica dell’Ottocento siciliano, capace di lasciare un’impronta duratura sia nella politica che nel progresso civile della sua comunità, nonostante le difficoltà e i contrasti che incontrò nel suo percorso.

Ruolo nei Moti Risorgimentali e il Regno d’Italia

Amato Vetrano visse i fermenti risorgimentali con profondo coinvolgimento. Durante i moti del 1860, Sciacca divenne teatro di azioni patriottiche: “L'11 maggio si intese il lontano rombo del cannone e due giovani di Sciacca Ignazio Bongiovì e Alfonso Friscia, per impedire le comunicazioni con Agrigento, tagliarono i fili del telegrafo nella contrada del Suvaritu. Il 13 giunse la notizia dello sbarco dei Mille a Marsala; l'entusiasmo fu immenso. Un Padre del convento di S. Francesco di Paola (il P. Francesco Rubino da Castelvetrano), scriveva così, in quel giorno, al suo concittadino Bartolomeo Amari-Cusa: « ...Qui c'è una squadra pronta di 400 persone e aspettano una dettagliata notizia per sapere onde marciare; qui c’è un fremito, un brulichio immenso, la popolazione non può frenarsi e aspetta il momento desiderato per andare a vendicare i santi diritti ». La notte seguente Luigi Azara, Giuseppe Campione, Alfonso Friscia, Francesco Lombardo e Bartolomeo Tommasi innalzarono sulla aquila di pietra della facciata del vecchio municipio (l'attuale Pretura) una grande bandiera tricolore preparata dai fratelli sarti Michele e Vincenzo Sarzana, i quali, per incarico dei fratelli Friscia e del pittore Vincenzo De Stefani-Falco, avevano inoltre segretamente preparato migliaia di coccarde tricolori. Avutane notizia, il sottintendente Buonafede, chiamata la polizia (allora comandata dal montevaghese Vincenzo Mendolia) fece atterrare la bandiera; poi lo stesso Mendolia fece radunare i proprietari della città nell'atrio superiore del Collegio dove li esortò a stare tranquilli. Ma verso mezzogiorno un fratello del Mendolia, venendo a Sciacca da Marsala, narrò in ogni particolare lo sbarco dei Mille, portò alcune copie dei proclami di Garibaldi ed esortò il fratello a non compromettersi. Il comandante mise in opera il consiglio ed avvisò subito l'avv. Calogero Amato-Vetrano, suo vicino di casa, al quale consegnò i proclami promettendogli di lavarsene le mani. La notizia si sparse in un baleno per tutta la città; un'immensa folla si raccolse nell'atrio del Collegio e ne uscì in corteo con la banda musicale in testa inneggiando all'Italia. La bandiera atterrata poche ore prima fu rialzata e numerose altre bandiere tricolori vennero esposte alle finestre. E nella generale esultanza i rappresentanti e gli impiegati del governo borbonico non ebbero fatto alcun male; erano solo fatti segno a dileggio e costretti a nascondersi al grido di: « Un surci c'è ! ». Vennero bruciati i ritratti della famiglia borbonica regnante ed i registri del magistrato giudiziale. A sera, il Comitato rivoluzionario, presieduto dall’avv. Calogero Amato-Vetrano, dispose che alcune squadre di giovani volontari armati tutelassero l'ordine pubblico in città. La mattina seguente la nave da guerra borbonica Ercole, proveniente da Marsala, vide sventolare sul campanile di S. Michele la bandiera tricolore, si fermò e, per atterrarla, sparò alcuni colpi di cannone che non andarono a segno per il tiro troppo lungo che fece cadere i proiettili nella vallata di Perdirici, oltre le mura di Porta San Calogero. Non ci fu alcun danno a cose né a persone, ma lo spavento fu grande: il popolo in gran parte abbandonò le case, spargendosi nelle campagne. Alcuni giovani, visti staccarsi dalla nave due canotti, corsero alla marina. Un ufficiale sbarcato con alcuni marinai, disse che il comandante, Carlo Flores, voleva a bordo le autorità rappresentanti il governo borbonico. Si recarono così a bordo l'ex sindaco Mariano D'Agostino e l'arciprete Michele Sortino, ai quali il comandante comunicò che se entro un'ora non fosse stata tolta la bandiera, avrebbe bombardato la città. L'ordine, per evitare danni alla città, fu eseguito e dall'avvenimento il 1860 fu chiamato dal popolino « l'annu di li cannunati ». (…) Il 22 maggio Garibaldi, stando al Parco, nominò governatore del distretto di Sciacca Giovan Lorenzo D’Agostino. Si costituì così una regolare amministrazione composta dai più notabili cittadini e venne emessa una deliberazione con cui si consentiva alla dittatura in Sicilia del prode generale Giuseppe Garibaldi in nome del re d’Italia Vittorio Emanuele. I corpi volontari per la difesa della città furono sciolti e al loro posto venne istituita la Guardia nazionale della quale fu comandante, col grado di maggiore, 1’ avv. Calogero Amato Vetrano che poi lasciò il suo nome al nostro fiorente Istituto agrario da lui munificamente fondato.” [Alberto Scaturro, Sciacca nel 1860, in Kronion, n.1-2 (gennaio-aprile 1960) anno XII] (Link: https://www.agrigentoierieoggi.it/sciacca-nel-1860-i-giorni-della-liberazione-dal-governo-borbonico/) Il 13 maggio del 1860, dunque, giunse notizia dello sbarco dei Mille a Marsala, seguita da manifestazioni di giubilo e dal sollevamento della bandiera tricolore sul municipio della città. Fonti storiche [Alberto Scaturro, Sciacca nel 1860, in Kronion, n.1-2 (gennaio-aprile 1960) anno XII] riportano che il Comitato Rivoluzionario, presieduto dall’avvocato Calogero Amato Vetrano, organizzò squadre di giovani volontari per garantire l’ordine pubblico durante il passaggio di potere dal governo borbonico a quello del Regno d’Italia. Dopo la proclamazione del Regno d’Italia, Amato Vetrano ricoprì ruoli istituzionali di rilievo. Fu inizialmente nominato, dallo stesso Garibaldi, Comandante Maggiore della Guardia Nazionale, (https://www.google.it/books/edition/Il_Palmaverde_almanacco_piemontese/AtkkeS-HSVYC?hl=it&gbpv=1&dq=calogero+amato+vetrano+isp&pg=PA694&printsec=frontcover) fu molto probabilmente anche sindaco di Sciacca [cita] e continuò ad essere membro del parlamento provinciale di Agrigento, oltre a ricoprire incarichi nel Ministero della Pubblica Istruzione, come Ispettore Scolastico di Corleone, del quale fece parte fino agli ultimi anni della sua vita. Inoltre, come membro del parlamento provinciale, utilizzò la sua grande conoscenza del territorio per definire legalmente i confini territoriali tra Sciacca e i paesi limitrofi. L’interesse per le scienze applicate all’agricoltura lo portò a diventare una figura centrale nella valorizzazione delle risorse agrarie locali e nella promozione dell’innovazione tecnica.

Il Rapimento e l’Ultimo Periodo

Nel luglio del 1876, Amato Vetrano fu vittima di un sequestro da parte di una banda di briganti, che gli estorse 102.000 lire, una cifra significativa per l’epoca. Nel testo "Profili e fotografie per collezione" del 1878, edito da Tipografia del giornale di Sicilia sito in via Maqueda 17 a Palermo, leggiamo: "I masnadieri della banda Capraro, che ricattarono il sig. Amato Vetrano di Sciacca, quando l'ebbero fra le mani, dicevano a lui: — Veda, illustrissimo, lei è un ricco signore, che davvero non saprebbe che fare del suo mezzo milione. Ha ormai la sua età, non ha moglie, né figliuoli, e quando da qui a non molto sarà per lasciare questa valle di lagrime, a che serviranno mai i suoi napoleoni d'oro? a impinguare sempre più le dovizie di lontani collaterali, che non le saranno grati neppure con una ricordanza? Invece, ecco innanzi a lei dieci giovani dabbene, che stanno alla sventura; con una piccola parte dei suoi tesori, con sole 100 mila lire, lei avrà sollevato dieci povere persone che le ne saranno riconoscenti per tutta la vita. Né vedove, né pupilli, adunque, né miseri contadini, né disgraziati vetturali. I masnadieri non hanno neppure la ippocrisia di darsi per burberi benefici." Questo episodio, tratto dalle cronache del tempo, offre uno spaccato vivido e umano di un’epoca segnata da profonde contraddizioni sociali. Il dialogo tra i masnadieri e il Cavaliere Calogero Amato Vetrano, riportato con dettagli quasi teatrali, è emblematico non solo delle condizioni di insicurezza del periodo, ma anche del modo in cui la figura di Amato Vetrano veniva percepita: un uomo di grandi risorse economiche, ma anche di grande solitudine, almeno secondo la prospettiva dei sequestratori. Questa narrazione è particolarmente significativa se posta in relazione con il testamento che Amato Vetrano aveva depositato appena un anno prima, nel 1875. Lontano dall’essere un uomo che accumulava ricchezze senza scopo, il Cavaliere aveva già deciso di destinare tutti i suoi averi alla creazione di un Istituto Agrario. Questa istituzione, nelle sue intenzioni, doveva diventare un luogo di progresso e formazione per i giovani, garantendo la tutela del patrimonio agricolo e la trasmissione della cultura agraria siciliana. Il contrasto tra la visione altruistica di Amato Vetrano e la crudezza del discorso dei masnadieri è fortemente simbolico. I sequestratori cercavano di far leva su una presunta mancanza di eredi e sul valore effimero delle ricchezze, tentando di giustificare la loro richiesta di riscatto come una sorta di "redistribuzione forzata". Tuttavia, il Cavaliere aveva già anticipato questa logica, trasformando le sue risorse in un progetto di filantropia lungimirante, che avrebbe lasciato un segno indelebile sul territorio. Questa vicenda non solo ci ricorda l’instabilità sociale della Sicilia post-unitaria, ma getta anche luce sul carattere di Amato Vetrano: un uomo capace di pensare al futuro, nonostante le difficoltà del presente, e di concepire la ricchezza come uno strumento al servizio della collettività. In un certo senso, il dialogo riportato dalle cronache ci restituisce una sorta di "processo morale" in cui il valore delle azioni e delle decisioni di Amato Vetrano emerge con straordinaria chiarezza. Il paradosso della situazione – un uomo minacciato per ricchezze che aveva già destinato a una causa superiore – sottolinea l’importanza del suo gesto testamentario e il lascito di una visione che andava ben oltre le urgenze e i limiti del suo tempo.

Dopo la morte: il mistero della sepoltura

Il dialogo tra i masnadieri e il Cavaliere Amato Vetrano, già di per sé straordinariamente significativo, assume toni ancora più profondi se consideriamo l’epilogo della sua vicenda umana e la misteriosa scomparsa del suo corpo. Nonostante avesse espresso nel suo testamento il desiderio di essere sepolto nella chiesa dell’Olivella, antica cappella funeraria della famiglia Amato Vetrano, il luogo della sua sepoltura rimane ignoto. Questo mistero, unito al silenzio della sua famiglia e alla mancanza di memorie tangibili come ritratti o busti in suo onore, sottolinea una dolorosa realtà: il Cavaliere Calogero Amato Vetrano, un uomo di grande visione e generosità, fu dimenticato da chi gli era più vicino. Le parole dei masnadieri – “i lontani collaterali, non le saranno grati neppure con una ricordanza” – appaiono oggi quasi profetiche. Nessun familiare celebrò il Cavaliere né durante la sua vita né dopo la sua morte, e il suo nome fu sepolto dall’oblio per decenni. Tuttavia, la sua scelta testamentaria, che destinava le sue ricchezze alla fondazione dell’Istituto Agrario, si è rivelata un gesto di straordinario altruismo e lungimiranza. Nonostante il silenzio e l’indifferenza di parte della sua famiglia, il suo lascito morale ha superato i confini del tempo, continuando a vivere attraverso l’istituzione che porta il suo nome. Questo paradosso – l’apparente dimenticanza di un uomo la cui eredità è stata, invece, indelebile – rende ancora più potente la figura del Cavaliere. La mancanza di un ritratto o di un monumento in sua memoria evidenzia l’ingiustizia della dimenticanza, ma al tempo stesso rafforza il valore immateriale e universale della sua opera. Calogero Amato Vetrano non ha lasciato ricordi concreti, ma ha costruito un’eredità basata sull’educazione, la cultura e il progresso del territorio. Oggi, il suo nome è pronunciato con rispetto e ammirazione, grazie alla riscoperta della sua storia e al rilancio del progetto che aveva immaginato. La sua memoria, per anni cancellata dall’indifferenza, rivive attraverso l’Istituto Agrario e il lavoro che si sta facendo per tutelare il patrimonio culturale e agricolo della Sicilia. In questo, il Cavaliere non è mai stato veramente dimenticato: la sua visione, come i semi che egli ha metaforicamente piantato, ha messo radici profonde e continua a germogliare, testimoniando la forza di un’idea destinata a sopravvivere a ogni oblio.

L’appartenenza all’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro

Tra i riconoscimenti più prestigiosi che il Cavaliere Amato Vetrano ricevette vi è l’appartenenza all’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, un titolo, ricevuto ufficialmente il 14 gennaio del 1869, che rifletteva il suo status di uomo di alto profilo morale e sociale. Questo ordine, le cui origini risalgono al 1434 sotto il Duca di Savoia Amedeo VIII, fu restaurato nel 1572 da Emanuele Filiberto. “Ordine militare e ospitaliero ad un tempo, e che per proprio istituto attendeva specialmente alla cura dei leprosi. Duplice era lo scopo dell'Ordine religioso e militare: purgare i mari infestati dai corsari, ai quali davano la caccia le galere dell'Ordine, ed esercitare l'ospitalità. Allorchè, più tardi, si credette scomparsa per sempre la febbra, l'Ordine rivolse le sue sollecitudini ad estendere e ravvivare in diverse guise quegli uffici di umanità e carità cristiana che erano precipuo dovere degli antichi Cavalieri: soccorse e fondò Spedali per la cura d'ogni maniera d'infermità e varii altri pii Stabilimenti, i quali poscia ampliò ed accrebbe, e dirige ed amministra tuttora, consacrandovi buona parte delle sue rendite. Oltre il ricovero degli infermi l'Ordine esercita non poche altre beneficenze, tra le quali voglionsi particolarmente annoverare i sussidii elargiti all'istruzione pubblica, all'educazione infantile ed ai più miserandi infortunii." Con il tempo, l’Ordine si dedicò alla creazione e al sostegno di ospedali, all’assistenza ai più bisognosi e al sostegno dell’istruzione pubblica. Essere insigniti di tale titolo rappresentava il massimo riconoscimento per chi si distingueva non solo per nobiltà, ma anche per la dedizione alla carità e al miglioramento della società. La presenza di Amato Vetrano tra i decorati sottolinea il suo ruolo attivo nella promozione dei valori di umanità, educazione e progresso sociale che incarnavano l’Ordine, consacrando il suo operato come uomo del Ministero dell’Istruzione nel territorio della Provincia di Agrigento con la carica ufficiale di Ispettore scolastico di Corleone. (Fonte: Elenco alfabetico dei decorati dell’Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro, dal 17 marzo 1861 al 31 dicembre 1869, edito dalla Stamperia Reale di Torino nel 1870)

Gli eredi

Secondo quanto riportato nella Relazione sulle avvocature erariali per l’anno 1908, a cura dell’Avvocato Generale Erariale A. De Cupis (pag. 90), emergono dettagli interessanti relativi alla gestione dei beni e delle successioni della famiglia De Stefani. In particolare, il documento illustra che Ignazia De Stefani, moglie del Cavaliere Calogero Amato Vetrano, nel suo testamento del 1905 nominò eredi universali i figli del nipote Barone Giuseppe De Stefani e di Brigida Palermo, prevedendo il diritto di accrescimento tra loro. Dopo il suo decesso, avvenuto il 2 febbraio 1906, il patrimonio passò ai quattro minori designati (Anna, Maria, Giovannina e Angelino De Stefani). Tuttavia, successivi eventi, come la morte di Angelino nel giugno dello stesso anno, aprirono una disputa legale sulla redistribuzione dei beni. Il Barone Giuseppe De Stefani sostenne che, in virtù del diritto di accrescimento, i beni dovessero essere raccolti esclusivamente dai minori sopravvissuti. Questo episodio evidenzia le complesse dinamiche di gestione del patrimonio familiare e sottolinea la rilevanza storica delle figure coinvolte, come Ignazia De Stefani, che ebbe un ruolo fondamentale nella gestione del lascito legato anche alla fondazione dell’Istituto Agrario.

In sua memoria

Il testamento del Cavaliere Calogero Amato Vetrano, redatto con straordinaria attenzione e intriso di senso del dovere, rifletteva un profondo legame con l’Istituto Agrario da lui immaginato. Tra le sue disposizioni, l’articolo 9 dello statuto organico racchiudeva una richiesta di altissimo valore simbolico: che, in ogni anniversario della sua morte, alunni e personale dell’Istituto rendessero omaggio alla sua memoria deponendo un fiore sulla sua tomba. Questo gesto, semplice ma carico di significato, era un modo per mantenere vivo il legame tra il fondatore e la comunità a cui aveva dedicato la sua vita e le sue risorse. Sebbene il luogo esatto della sua sepoltura rimanga un mistero e il suo corpo non riposi nella chiesa dell’Olivella, antica cappella funeraria della famiglia, il tributo continua a vivere nella tradizione. Ogni anno, l’Ente Morale, attraverso il suo Segretario, si fa carico di onorare questa volontà, deponendo un fiore nella chiesa, come simbolo di riconoscenza. La mancanza di una tomba fisica o di un luogo specifico per il suo riposo eterno rappresenta un vuoto simbolico che va oltre la sfera personale, riflettendo la fragilità della memoria collettiva. Tuttavia, questo vuoto è colmato dalla forza del suo lascito morale, che trascende il tempo e l’oblio. La cerimonia di omaggio annuale non è soltanto un atto formale, ma un insegnamento per le generazioni future: ricordare chi ha dato affinché si possa comprendere il valore del dono, della gratitudine e dell’impegno verso il prossimo. Questo tributo perpetuo non è solo una testimonianza della sua grandezza come benefattore, ma anche un monito a tenere viva la memoria di chi ha lavorato per lasciare un’eredità duratura alla propria comunità. (Fonte: Statuto organico del testamento del Cavaliere Amato Vetrano, art. 9)

Cronologia degli eventi

1848

Eletto alla Camera dei Pari del Governo Centrale, un importante risultato politico.

1849

Arrestato ingiustamente insieme ai fratelli Friscia durante un periodo di disordini politici

1853 -1859

Esprime sostegno al re Ferdinando II delle Due Sicilie in corrispondenza scritta

1856

Si impegna in un progetto economico locale, commissionando a un progettista un mulino a Sciacca

1857

Dimostra tendenze filantropiche diventando socio e donatore per una serie di libri.

1860

Negozia un cessate il fuoco con le forze borboniche durante l'unificazione dell'Italia. 1860: Sostiene l'unificazione dell'Italia firmando una lettera a favore del re Vittorio Emanuele.

1862 - 1868

Ricopre vari ruoli educativi, tra cui ispettore scolastico e membro del Consiglio scolastico.

1863

Ricopre vari ruoli educativi, tra cui ispettore scolastico e membro del Consiglio scolastico.

1865

Assume altri ruoli, tra cui vicepresidente del Consiglio provinciale e ufficiale della Guardia nazionale.

1866

Citato come Agronomo, Enologo e Sindaco di Sciacca.

1867

Citato come Agronomo, Enologo e Sindaco di Sciacca.

1868

Ispettore Scolastico

1868

Decorato Cavaliere quale Ispettore Scolastico di Corleone

1868

Ispettore Scolastico

1871

Presidente Comizio Agrario, Vice Presidente Consiglio Sanitario Circondariale di Sciacca e Vice

Presidente del Consiglio Provinciale. Nello stesso anno viene data in appalto la costruzione della

tratta ferroviaria Sciacca-Menfi e Menfi-Belice all’impresa di Amato Vetrano, lavori che si conclusero

il 31 dicembre 1876

1872 - 1873

Presidente Comizio Agrario, Vice Presidente Consiglio Sanitario Circondariale di

Sciacca e Vice Pretore

1875

Amato Vetrano redige il suo testamento, con il quale lascia in eredità i suoi beni per la

creazione di un istituto agrario, un gesto grande lungimiranza e dis amore per la sua terra. Nello stesso anno è vittima di un sequestro da parte di briganti, un fenomeno purtroppo diffuso in Sicilia

in quel periodo. Diversi documenti e racconti testimoniano questo evento traumatico

1875

Vicepresidente Consiglio Provinciale e Delegato scolastico mandamentale

1878

Membro della Commissione per la cessione dei terreni di Menfi e Ribera. Nello stesso anno la

banda Capraro minaccia il Cavaliere.

1881

Ispettore degli Scavi e Monumenti di Antichità.

1882

Presidente del comitato di Sciacca delle opere pubbliche

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